mercoledì 6 luglio 2011

2011-07-06 Lincoln Highway: meno tre giorni


Daisuke Jigen mette lo zaino...
Il motivo di questo silenzio prolungato era proprio questo: la preparazione, la pianificazione e i primi passi affinchè il pistolero amico di Lupin III si caricasse lo zaino in spalla.
L'attesa è quasi finita, ma non si perderà d'animo. Virtualmente Daisuke Jigen trasloca qui.
Sicuramente per le prossime due settimane ci saranno segnali di altre forme di vita alla maniera dei Bluvertigo e chissà che, dopo più di tremila miglia, Daisuke Jigen non traslochi del tutto laggiù.
Ma sono discorsi prematuri.
Per ora ci sono circa 5500 km da percorrere da una costa all'altra, lungo una strada che compie cento anni nel 2013. La parte rimanente è nient'altro che l'insegnamento del Califfo: il resto è noia.

giovedì 9 giugno 2011

2011-06-09 Penelope

Da oggi siamo io e Penelope da soli.
E' che il preavviso non basta mai: pur con quasi un mese di preparazione è stato come un violento sberlone. Dovevano andare, perchè non si sa che sarà e prima di fare corse per il poco preavviso, tanto meglio organizzarsi, però.
Ecco. Mezz'ora fa sono partiti che piangevano come vitelli, alla volta della loro nuova casa.
Witch che fa quel "mià" assordante mentre ti guarda fisso con le pupille dilatate come quelle del micio di Shrek è una roba che spacca il cuore e Giustiniano teneva il mio dito attraverso la rete della gabbietta, come un neonato, come a trattenersi. Uff...che fatica.

E Penelope, che tanto stronza alla fine non dev'essere, quando sono tornato in casa mi ha guardato con gli occhi spalancati e cercava gli altri due. Si guardava intorno quasi spaventata.
Ora mi segue ovunque io vada in casa e contrariamente al solito si fa accarezzare, si fa prendere in braccio e continua a fissarmi come a chiedermi "dove sono gli altri?".
Sentirli piangere così, mi ha come ucciso.

Non pensavo che mi sarebbe venuto un groppo in gola così grande.
Altro che ovosodo che non va nè su nè giù.
Altro che piangere per una salvezza o una semifinale.
Ti rendi conto di quanto siano parte pulsante della tua vita solo quando non ce li hai più tra i piedi che ti fanno inciampare o quando sai che alle 5 del mattino non ti sveglieranno più per chiedere da mangiare...
E' impressionante veramente.
Qualcuno mi disse che i gatti fanno "arredamento". Vero, ma non sono semplici soprammobili, sono una "cosa" che riempie lo spazio, dentro e fuori, e quindi un po' di vuoto in più stasera c'è. Non solo dove prima c'erano la ciotola azzurra e quella rosa.



Ciao Witch


ciao Giustiniano


Ciao...Penelope vi cerca.

martedì 31 maggio 2011

2011-05-31 Sbattimento

E chi sono io per non sproloquiare oggi? L'ultimo degli str...? No. O almeno non mi reputo tale, quindi...


Dunque, oggi è il 31 maggio 2011, sembra di essere al 25 aprile 1945.


L'aria che si respira e le facce della gente sembrano diverse dall'altro ieri.
Sarà suggestione mia, ma anche se piove (e credo che di questo abbia molta colpa Pisapia, a ben vedere...) mi pare di vedere più serenità, o per meglio dire, sollievo in parecchi volti.
Certo, ci sono gli scornati. I livorosi. Quelli che credono davvero all'invasione islamico-cosacca-comunista-tossica nelle piazze di Milano: anche perchè lo dice pure il capo, quello col tacco 9 nel mocassino. E quindi la soluzione comoda e pronto uso per chi non vuol correre il rischio di pensare è servita anche a questo giro di giostra. Ho letto davvero queste parole "ed ora speriamo che ognuno possa avere il suo campo ROM vicino a casa e possa mandare a comunione i propri figli nella vicina moschea, così avrete esauditi tutti i vostri sogni."
E ne sono rimasto allibito, ma come non si può piacere a tutti, non si può nemmeno pretendere di avere tutti la stessa idea. Perchè è giusto così. Il pensiero libero deve essere multiplo. Il pensiero unico ha già prodotto abbastanza sfaceli nella storia dell'Umanità.
In fondo, la ricchezza del Mondo nella sua globalità è data proprio dalle diversità e dalla possibilità di migliorarsi attraverso di esse. E il giorno che l'Italia lo capirà, sarà il momento in cui partirà per davvero la rincorsa per rimettersi in pari con il presente che ci ha lasciato indietro, bloccati come siamo agli Anni 80 dello yuppismo.
Bene: per far diventare quel 'siamo' in un 'eravamo', attendiamo quindi che Gordon Gekko e la sua genìa levino le tende e lascino entrare dalla porta principale il Presente per poter avanzare finalmente verso il Futuro.


Prima di mettermi a caricare di byte questo blog, volevo cercare l'immagine di un pesce che si dibatte alla ricerca dell'ultima molecola di ossigeno. O al limite una "bella" foto della mattanza dei tonni a Favignana.
So che è un'immagine magari cruenta, ma non trovo nulla di più consono a descrivere la sensazione che a me danno le dichiarazioni, le immagini, le facce contrite e i voltafaccia (Minzolini in primis: fino a ieri a zerbinarsi con le interviste e gli spot elettorali camuffati, mentre ora disquisisce di questione anagrafica per S. B.) che arrivano da ogni direzione da volti che hanno le guance arrossate dallo sberlone elettorale che li ha colti in pieno.
Solo pochi fedeli continuano a berciare, vedi Sallusti, che dimostra la veridicità di quanto si dice riguardo al più fedele amico dell'uomo e per la fedeltà dimostrata a B. meriterebbe un monumento come Zanna Bianca.
Altri, invece, si stanno contorcendo in ogni modo per liberarsi del guinzaglio, perchè devono mettersi in fretta a cercare la ciotola in cui sfamarsi a breve.
Tengono però il collare, pronto ad essere agganciato al guinzaglio del padrone di quella nuova ciotola.

Ed in questo agitarsi mi sembrano niente più che il pesce che, una volta sganciato dall'amo, viene depositato nel secchio. E lì si sbatte, si dibatte, si agita, sbatte contro tutti i suoi simili che gli fanno compagnia, alla ricerca di quella molecola di ossigeno che lo tenga ancora in vita. Anche a costo di rubarla al proprio simile, al compagno di branco fino a poco prima, nel pieno rispetto del "mors tua, vita mea".

Sì, è uno spettacolo triste e avvilente. Quasi quanto il Bagaglino perenne di questi ultimi anni.
E purtroppo, non c'è ancora la certezza che sia del tutto terminato.
Mancano ancora alcune tappe.
Ne manca ad esempio una, molto importante: il 12 giugno si dovrà ribadire quanto dimostrato tra domenica 29 e lunedì 30 maggio.
Negli ultimi due giorni bastava bastava una sola lettera: una grande 'X' su qualcosa che significa la speranza che un cambiamento ci possa essere.
Il 12 giugno, sarà necessario fare il doppio: prima una 'S' e poi una 'I'. Perchè quel 'SI' non sarà altro che scandire a chiare lettere ed a voce alta e ferma che questo è ancora un Paese dove, forse, si può continuare a vivere e sperare di costruire qualcosa.

Ora vado.
Fantozzianamente devo preparare la frittatona di cipolle, la Peroni gelata che accompagni il rutto libero e godermi la copertina di Crozza a Ballarò.

domenica 22 maggio 2011

2011-05-22 Vento

Il vento quando è forte, ma forte per davvero, stimola tutti e cinque i sensi.
Senti il rumore che fa e odi le voci che si porta appresso.
Vedi le chiome degli alberi spostate o l'acqua del mare che si increspa.
Se sei all'aperto ti penetra nei pori della tua pelle, insinuando la sua irrequietezza.
Annusi i profumi, gli odori che trasposta con sè da chissá dove. 
E lo gusti pure, perchè quell'aria così carica di suoni e odori ha anche un gusto particolare: di polvere e sabbia e pollini e tutte quelle microparticelle che galleggiano nelle sue correnti d'aria.

E poi tocca il tuo sesto senso. Quell'equilibrio profondo e interno. E le sue folate fanno sí che devi ritrovare il bilanciamento.

Il film Chocolat ha davvero ragione quando fa dire alla protagonista che deve andare, perché é il vento del nord che la chiama. Ecco io non so assolutamente da dove soffiasse domenica scorsa il vento che ha piegato e spazzato alberi, foglie e il mare di Porto San Giorgio. So peró che mentre pettinava le preoccupazioni di una stagione sportiva/lavorativa, per converso aveva lo stesso effetto della mano che passa al contrario sul velluto. Increspa.
Ugualmente faceva il vento sul mare di fronte alla mia camera.
Oggi, a sette giorni di distanza, il vento soffia ancora anche se gli alberi non sono piegati e le foglie non volano via.

lunedì 16 maggio 2011

2011-05-16 Crepuscolo

Il momento della giornata che preferisco é il crepuscolo, non importa la stagione in cui lo si vive.
Non è già più giorno, ma non è nemmeno ancora notte. Sei lì, nella zona mista, di passaggio. Dalla luce al buio.
La sua luce rossastra o arancionata, le luminarie che si accendono, i contorni ancora visibili dei palazzi, delle colline, delle montagne come del mare. Prendi un belvedere e ammirane il panorama: la sua dimensione percepita sará totalmente differente a seconda del momento della giornata in cui lo si vive. Con la piena luce e la sua definizione assoluta, con l'oscurità notturna e la sua vaghezza indefinita. E poi il crepuscolo: inizia l'imbrunire, che non nasconde, ma cela velatamente i difetti ed esalta i pregi con le luci che iniziano ad illuminarne i punti salienti senza peró renderli falene dalla vita lunga una notte, prima che si confondano nuovamente nella vista totale della luce diurna.
I contorni continuano a vedersi, ad intravedersi, ma allo stesso tempo le luci sono accese a fungere da evidenziatore "naturale".

Mi piace il crepuscolo perchè viene dopo una giornata in cui tutto é lì, sotto la luminositá piena del sole; ma viene prima dell'oscurità notturna, quando è tutto poco visibile (se non del tutto invisibile) e si deve "completare", come quei percorsi tratteggiati della Settimana Enigmistica che unisci i punti da 1 a 36 e viene fuori la vignetta.

Di giorno è tutto così chiaro che sfiora quasi la banalità; mentre con quella luce particolare del crepuscolo, tutto acquista un'aura più interessante: diventa più misterioso e quasi si completa. Si ammorbidisce degli spigoli quotidiani.
Di giorno, con tutti i difetti bene illuminati, la visione é nei fatti globale e prosaica. Di notte è forse ancor più misteriosa, ma sfiora l'eccesso immaginifico di dover compensare la mancanza di visione con la fantasia.
Al crepuscolo, invece, il bello si vede e viene accentuato e portato all'attenzione dalle illuminazioni preposte. E pure il brutto é visibile, solo non avendo illuminazioni dedicate, rimane in secondo piano, ma é lí: affiancato al proprio contraltare. Con il crepuscolo non succederà mai come dopo una notte, cioé che si potrà dire che non ci si era accorti prima che fosse così.
Al crepuscolo é tutto visibile: come una bella donna accentua i propri punti forti, cosí l'imbrunire passa un velo di fard su quanto é meno bello in maniera naturale, senza occultare, ma solamente per contrasto con quanto di bello viene esaltato dall'illuminazione.

Si potrà dire che il crepuscolo é la definizione del detto latino in medio stat virtus della giornata. Perfettamente nella metá tra la luce rivelatrice e la notte occultatrice. Cavandone i pregi di uno e dell'altro e tralasciandone i difetti.

I rapporti umani dovrebbero essere sviluppati all'insegna dell'imbrunire: obbligando le persone diurne, e quindi senza filtri e tutte lì: visibili e comprensibili alla luce del sole, a vivere l'imbrunire per accentuare i propri pregi e quindi sminuire i propri difetti. Allo stesso modo, forzando i notturni, appesantiti o celati dai troppi filtri, a puntare verso se stessi un po' di luce rivelatrice che faccia un po' di chiarezza su quanto si é obbligati ad immaginare per mancanza di contorni definiti e visibili.
Di modo che individui crepuscolari (non nel senso letterario dei Quasimodo e compagnia) possano sviluppare relazioni e rapporti interpersonali senza equivoci o inganni da ambedue le parti.
Pane al pane. Vino al vino.
Il gioco della scoperta consisterà non tanto nel celare e scoprire, quindi, quanto nel variare il puntamento della luce sulla totalità della persona, senza che gli aspetti non direttamente illuminati vengano mescolati nelle tenebre notturne e scompaiano, perché sarà tutto visibile, solo ci si dovrà applicare per averne la conoscenza piena.
Tutto sará lí: si vedrà prima la luminosità di un bell'aspetto e poi, chi vorrà proseguire nella conoscenza di un crepuscolo, potrà andare avanti e vedere, conoscere e persino apprezzare le parti meno illuminate. Senza che queste siano mai una sorpresa.

In fondo, basta un po' di luna piena, una nuova spruzzata di vista di S. Luca illuminata (ma nella notte e senza poter scorgere il profilo della sua collina), un po' di Beethoven mischiato con le Quattro Stagioni di Vivaldi ed il cocktail é servito: fresco, notturno, delicato come certi fiati del Primo Movimento della Quinta e dirompente come certi archi della stessa Quinta che partono lontano e arrivano come un'esondazione per le vie di un piccolo borgo.
Travolgendo tutto.

Anche il filo logico del ragionamento.

sabato 14 maggio 2011

2011-05-14 Accento

L'accento è quella macchia d'inchiostro che sporca la pagina sopra la parola "t'affogherò".
(vi sareste mica attesi la parola "t'amo/t'amerò"?!?!?!)

Sarà perchè la musica è Musa (non quella della Lancia). Sarà il mare che si vede dalla camera di Porto San Giorgio. Sarà perchè CapaRezza è un giocoliere della parola a livello di Bergonzoni.
Sarà per scommessa e sfida che prendo una parola al giorno e ci provo, sarà perchè in fondo la lingua italiana è stata una roba che mi ha accompagnato nella "formazione" verso l'essere adulto o perlomeno di età adulta, ma la cosa mi diverte e pure parecchio.

La differenza di un accento è enorme. Specie in una lingua cosiddetta libera come l'italiano e viene identificata in esso una funzione distintiva per differenziare parole identiche nella parte della composizione grafica, ma con differenti fonemi che determinano connotazioni diverse nel significato.
Esempi sparsi:
àncora vs ancòra
pròtesi vs protèsi
prìncipi vs princìpi
vàluta vs valùta
àmbito vs ambìto
ecc ecc...


Ed avendo usato in maniera concreta il 30 di grammatica italiana, mi sono messo a posto la coscienza di mancato studente modello.. e il primo che dice che non ci va gran scienza, quanto un semplice clic su Wikipedia, gli tolgo il saluto. E tralascio appunto quel che dice l'enciclopedia online e free di accenti nelle altre lingue più rigide o dell'accento musicale. Per quello c'è appunto Wikipedia...


Però, seriamente: un accento può cambiare di molto la percezione ed ancora di più un significato.
Basta un piccolo sbaffo nero su una pagina bianca o una leggera diversa intonazione nel parlato che cambia tutto.
Differenze: minime, ma sostanziali.
Le lingue tendono alla semplificazione (non omologazione, ricordarselo bene...) e da qui deriva lo scempio e l'assassinio ripetuto di congiuntivi e condizionali nella nostra lingua, così come ha determinato nell'inglese la scomparsa del genere nella formulazione degli articoli (è tutto un 'the').


Un accento nell'italiano non è quindi altro che il paradigma della diversità? Della varietà?
Noi, che nella nostra lingua, abbiamo per ogni regione un modo di dire diverso per chiamare gli organi sessuali (giusto per fare l'esempio più semplice).
Per prendere un altro esempio facile facile: noi, proprio noi, che diciamo la stessa parola -"cocacola"- in maniera diversa in base alla regione, se non provincia (così i toscani non se la prendono).
Hoha-hola toshana, come la 'o' apertissima di un piemontese o chiusa di un sardo o tronca di un marchigiano.
Però se dalla Tunisia (o altro Paese a casa che ingrassi scafisti) non vengono ad attraccare proprio a Lampedusa magari è meglio...
Ad imparare si fa sempre a tempo, eh?


Però se dobbiamo servirci di un piccolo artificio grafico o fonetico per distinguere cose identiche e differenziarle non per questioni di valore, ma di semplice e puro e "altro" significato, possibile che non diventi automatico comprendere che il luogo di nascita di una persona non sia nient'altro che l'accento della propria nascita. Che sottolinei semplicemente un'altra provenienza e che da questa ci siano solamente possibilità di arricchimento? Mah...troppo sociologico e pesante, oggi. Mi direi "cheppalle" da solo...


La ricchezza è in questa quasi infinita possibilità di combinazioni e stiamo tutti a cercare di parlare uguale? Ok, accettiamo che si tenda a parlare se non proprio uguale allora molto molto simile, magari però si può continuare a cercare di avere pensieri differenti.
Parlare tutti uguale/simile non significa certo dire tutti le stesse cose. Ci saranno solo sette note, giusto? Ma ci saranno pure i diesis e i bemolle..
Perchè se la lingua tende alla semplificazione, non è di certo così per il pensiero e men che meno per il Mondo che anzi crea dei melting pot non soltanto linguistici (l'inglese di un indiano londinese è parecchio diverso da quello di un newyorchese wasp come da quello di un messicano immigrato in California, come da quello di un australiano o da Pippa, la cognata di Will il principe azzurro dalla calvizia incipiente) ma anche corporei e basta un "giro" a New York o in un film americano per rendersene conto.
O ci siamo dimenticati che gli occhi azzurri nel nostro meridione sono un'eredità dei Normanni?


Quindi ben venga un accento nella vita che connoti (e tra denotazione e connotazione ce ne sarebbe da scrivere...anzi..l'hanno già fatto quelli bravi per davvero). 
Che poi, alla fine, a ripensarci: questa pippa (con la 'p' minuscola, "perchè le parole sono importanti", ma anche le lettere gli accenti e ci aggiungo la punteggiatura hanno valenza notevole) è tutta nata da una virgola e non da un accento, ma da lì, si sa il pensiero è labile, la donna immobile e i neri hanno il ritmo del sangue al pari delle mezze stagioni ormai scomparse..


"Io non voglio essere capito. Io voglio essere, capito?" (CapaRezza)