martedì 28 dicembre 2010

28-12-2010: Beatrice

Così mi accorsi che il pensiero di lei mi occupava i circuiti del cervello e faceva passare Beatrice addirittura in secondo piano.
Inaudito.
Peró lei si palesava e si negava.
Poteva fissarti un possibile incontro e poi poche ore prima rimandare al giorno dopo e poi a chissà quando e poi tornava nel silenzio e nell'ombra.
Come se saltellando compiesse balzi tra pozzanghere e piccole buche, schivandole tutte, ma rendendo molto difficile l'inseguirla.
Ciò non faceva che nutrire la mia predisposizione mentale ad elevarla al rango di essere umano speciale, di quelli che si incontrano raramente e che é un peccato capitale non riuscire ad avvicinare per davvero.

venerdì 24 dicembre 2010

Buon Natale Democrazia. Buon Natale Costituzione. Buon Natale cara, vecchia e bistrattata Italia

Capita di sentire invidia.
Già: invidia per chi ha scritto qualcosa di così bello o toccante o profondo.
Perchè vanitas vanitatis, sarebbe molto appagante potersi dare da soli, nella solitudine di una stanza, una pacca sulla spalla e dirsi "bravo, che bella cosa che hai scritto!".

Esempi ce ne sono a migliaia e credo che ogni essere umano che con grande passione legga, ascolti musica o veda film possa provare questo sentimento per una di queste opere.
Allargandosi poi a concetti più ampi della sola lettura, musica o cinema: anche un ingegnere credo possa finire per provare invidia per chi ha progettato il ponte di Verrazzano, come un architetto per una delle opere di Renzo Piano.
O un medico per Marie Curie.
E ci sono mille altri esempi riportabili: per "cosa" da invidiare o per persona che l'ha compiuto.
Forse in questo periodo, diventa difficile essere "invidiosi" per qualche gemma dei nostri politici e delle loro imprese. Io, oggi, sono invidioso di non essere l'autore di questo (fonte ilfattoquotidiano.it).

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Noi che siamo cresciuti ai tempi di Berlusconi.
che abbiamo visto il Parlamento della Repubblica lavorare su 40 leggi ad personam, le vallette del “Sabato del villaggio” diventare ministre;
noi che abbiamo sentito le parole “crisi” e “debito” come unico racconto possibile dell’economia italiana;
noi che la laurea non serve a niente e “l’elettore medio ha la cultura di uno studente di seconda media, e neanche nelle prime file”;
noi che abbiamo visto uomini di governo e delle istituzioni indagati e condannati per mafia e camorra;
noi che “se un uomo a 38 anni non può pagarsi un mutuo è un fallito”; quelli che “vi dovete abituare ad avere un lavoro precario e una pensione da fame”;
noi che corruzione ci hanno dimostrato che è la regola, la compravendita un dovere;
noi che “i magistrati sono una metastasi” e “Mussolini non ha mai ammazzato nessuno, mandava la gente a fare la vacanza in confino”;
noi che Sandro Bondi è ministro della Cultura, e prima di lui Rutelli, e prima ancora Rocco Buttiglione;
Noi che l’anagramma di Silvio Berlusconi è “l’unico boss virile” tanto che “non ho mai pagato una donna” e Patrizia D’Addario, Noemi Letizia, Ruby Rubacuori, il bunga bunga sono soltanto “una cortesia verso le persone che ospito”;

Noi che siamo cresciuti ai tempi di Berlusconi,
che saremmo dovuti diventare tutti aspiranti tronisti, veline, genitori di figli canterini in uno show in prima serata il sabato sera;
noi che avremmo dovuto prendere ad esempio Fabrizio Corona, Costantino Vitaliano, Lele Mora, Emanuele Filiberto, Alessio Vinci;
noi che avremmo dovuto pensare che “il Grande Fratello è un’ottima occasione per fare carriera”, “se ho problemi economici sposo un miliardario”;
noi che avremmo dovuto credere che “non si fa gossip sulla vita privata dei politici” e comunque “evadere le tasse è giusto” e “la cricca, la P2, la P3, la P4 sono un’invenzione dei giornali”;
Noi che ce la saremmo dovuta bere che a quel tale avevano pagato la casa “a sua insaputa”;
noi che ci saremmo dovuti alienare, perdendoci dietro la realtà virtuale di blog, chat, forum, siti web, videogiochi;

Noi che siamo cresciuti ai tempi di Berlusconi,
invece, oggi siamo nelle piazze, in rete, nelle città, anche se qualcuno ci ha chiamato “assassini” mentre proponeva “arresti preventivi”; andiamo per strada con i nostri genitori, o con i nostri figli;
noi che rimaniamo sospesi nell’aria per dire a tutti che la ricerca è appesa a un filo;
noi che cerchiamo di entrare con la forza a Palazzo D’Orleans a Palermo, sede della Regione, simbolo del potere colluso che da anni tiene sotto scacco la Sicilia;
noi che in un mare di blog, siti di news, pagine Facebook, giornali indipendenti, proviamo a fare vera informazione, ad arginare la grancassa dell’impero mediatico del padrone;
noi che veniamo ricevuti dal Presidente della Repubblica, manco lui fosse Pertini e noi la nazionale di Bearzot;
noi che abbiamo detto subito che la ricostruzione a L’Aquila era un bluff, e il piano per togliere i rifiuti da Napoli anche;
noi che i poliziotti sono dalla nostra parte; gli automobilisti, i passanti e i lavoratori ci applaudono;
noi che nonostante tutto non ci arrendiamo, non ci adeguiamo, non smolliamo, non tacciamo, non abbassiamo né la testa né la voce, non insabbiamo, non ci “conteniamo”.

Noi cresciuti ai tempi di Berlusconi,
siamo quelli che stanno festeggiando nel modo migliore, urlando a squarciagola Democrazia! e Costituzione!,  i centocinquant’anni dell’Unità d’Italia.
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Un augurio di buon Natale, il più possibile sereno per chiunque.

martedì 21 dicembre 2010

21-12-2010: Risotto nero con Camembert&Speck

Cucinare rilassa. Almeno vale per me.
Sembra strano a vedere i tanti programmi di cucina che ormai infestano tv generaliste, satellitari e gli ovvi canali tematici sul cibo.
Sarà il non aver 150 coperti da servire o 30 minuti per completare una ricetta davanti alle telecamere, ma il rigore dei tempi di cottura, delle dosi da usare e da unire, i tempi e le tecniche per tagliare verdure, pesce, carni, formaggi, danno alla fine un senso di serenità.
Come vedere Torino dall'alto. Dal Belvedere della chiesa dei Cappuccini: si vede la schiena della Gran Madre e davanti ad essa, prima il Po e poi il reticolato di Augusta Taurinorum. Tutto fatto di strade perpendicolari e parallele a dare un senso geometrico e ordinato alla città.

E il risotto è all'apice della speciale classifica "Relax" che regala la cucina: per il girare il riso con delicatezza, senza fretta, magari sempre in senso orario, utilizzando una casseruola non troppo piccola se no, come dice Csaba di Alice Tv, "il riso diventa scorbutico"...
Ecco quindi il frutto di tale relax.

RISO NERO CAMEMBERT&SPECK
Ingredienti per 4 persone

320 g di riso Venere
50 g di speck
30 g di camembert
10 g di burro
1 l di brodo vegetale
1 scalogno
1 bicchierino di Cognac
1 rametto di rosmarino
sale qb

Procedimento
Portate il brodo a ebollizione.
Intanto sciogliete il burro in una casseruola, fatevi rosolare lo scalogno tritato e gli aghi di rosmarino.
Unite il riso, fatelo tostare, aggiungete lo speck a fettine e bagnate col Cognac.
Quando sarà sfumato aggiungete un mestolo di brodo bollente.
Proseguite la cottura per circa 15 minuti, aggiungendo brodo via via che il risotto si asciuga.
Attenti col sale perchè il brodo è salato e lo speck di più. Arrivato alla cottura desidarata, togliete il risotto dal fuoco.
Aggiungete il camembert a dadini per la mantecatura, mescolate delicatamente e servite.

Da berci insieme... Refosco dal Peduncolo rosso  oppure Pinot nero di Borgogna. Io stasera ho davanti un bicchiere di Refosco.


venerdì 17 dicembre 2010

17-10-2010 - Sarà perchè...

Sarà perchè oggi, prima di tutto, è un giorno che che riporta lacrime di rabbia ed impotenza, nel bagno di un ristorante giapponese. Ciao Paolone.












Poi...








Sarà perchè oggi è un altro di quei giorni per cui non si deve abbassare la guardia.
Sarà perchè oggi nevica forte su Biella.
Sarà perchè oggi mi sono svegliato stropicciato nonostante abbia dormito per una volta bene e profondamente.
Sarà perchè oggi ho il ricordo di una bella serata con una coppia che è la prova vivente che l'amore esiste.
Sarà perchè oggi è venerdì 17.
Sarà perchè oggi, come tanti altri giorni, c'è il ricordo della serata perfetta che continua a rientrare dalla porta di servizio.
Sarà perchè oggi mancano 8 giorni a Natale e lo sento distante come se fosse il 3 luglio.
Sarà perchè oggi non può più essere un giorno come gli altri.

mercoledì 15 dicembre 2010

15/12/2010 - Perchè una risata vi seppellirà

Cyrano, Wilde, Chaplin, Tito Livio, Lenny Bruce (una guinness media pagata a chi sa chi è senza usare wikipedia o google), Woody Allen, Callimaco, David Letterman, Grillo, Karl Kraus, ...
Sono solo alcuni di coloro che hanno usato la loro lingua ad uno degli scopi per cui è stata creata: parlare.
E parlando, hanno fatto satira. E facendo satira hanno dato ragion d'essere al detto secondo il quale "ne ferisce più la lingua della spada".

Ieri sera a Ballarò, uno di questi, Maurizio Crozza, ha riassunto in maniera esemplare, facendo sorridere, lo squallido panorama che ci si prospetta davanti agli occhi ogniqualvolta li vogliamo verso il nostro Parlamento.
Eccolo: Il temibile popolo medievale degli Scilipoti

15/12/2010 - Gaber e La Costituzione




Perchè?
Perchè a rileggersi la Costituzione, 40 paginette redatte 65 anni fa dai nostri Padri Fondatori, si impara tanto.
Ad esempio, in ordine sparso:


Art. 9
La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica.
Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.

Vero onorevole Gelmini ed onorevole Bondi?

Art. 13.
La libertà personale è inviolabile.
Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dell'Autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge.
In casi eccezionali di necessità ed urgenza, indicati tassativamente dalla legge, l'autorità di Pubblica sicurezza può adottare provvedimenti provvisori, che devono essere comunicati entro quarantotto ore all'Autorità giudiziaria e, se questa non li convalida nelle successive quarantotto ore, si intendono revocati e restano privi di ogni effetto.
È punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà.
La legge stabilisce i limiti massimi della carcerazione preventiva.

E chissà come mai ma mi viene in mente Genova...


Art. 21.
Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.
La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.

E qui ce ne sarebbero di parole da sprecare...

E per finire il più bello:
Art. 3
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
E non esprimo alcuna opinione personale: lascio che le parole d'altri qualifichino da sole...

martedì 14 dicembre 2010

14 dicembre 2010 - Il Parlamento vota la fiducia

Volutamente senza commento.
Perchè "allibito" è l'aggettivo più ricorrente.
Perchè le parole sono importanti, come diceva Moretti.
Ma la Democrazia ancora di più.
E quello che si vede dentro e fuori, non mi sembra per nulla Democrazia. Nemmeno con la 'd' minuscola

Si dovrebbe far leggere a scuola "La fattoria degli animali", "Fahrenheit 451" e tanti, troppi altri libri che magari potrebbero aprire gli occhi.

DENTRO






FUORI




























Queste le vittime, civili e pubblici ufficiali, del solo 1977 (per uno sguardo completo dentro l'abisso: Anni di piombo).
Siamo forse ormai troppo assopiti e assuefatti per una reazione così tragicamente violenta. Anche se le foto sopra fanno pensare che quando comincia a vacillare il proprio futuro, quando inizia a mancare la terra concretamente sotto i piedi. Beh.. allora quel forse ha senso più che compiuto.

lunedì 13 dicembre 2010

13/12/2010 - Secondo (primo vero)

Perchè un blog? Perchè no, invece?
In realtà...alla prima e più consueta domanda, l'inevitabile risposta è quella appena citata.
Perchè si apre e si tiene un blog? Perchè scrive un post?
Perchè siamo un popolo di grafomani, forse. Perchè più probabilmente chi soffre di insonnia, deve pur trovare un modo per far passare le ore notturne in preda alla veglia.
E quando i libri dopo un po' iniziano ad essere monotoni (sinceramente mai, ma un minimo di varietà si dovrà pur dare alle ore notturne), si apre la mela illuminata, si retroillumina lo schermo e si schiacciano un sacco di tasti a vanvera, alla ricerca di un senso.
Che poi come dice Vasco "un senso non ce l'ha".

E quindi, tanto vale sfruttare la verbosità innaturale degli italiani, lo spazio quasi infinito concesso da internet e dare il via alle noiose elucubrazioni del silenzioso pistolero che fa parte della banda di Lupin III.
Che sarà anche vero che sono giapponesi di origine, ma dopo il trasferimento nello Stivale hanno tutti imparato l'italiano. Anche quella tettona di Fujiko Mine, anche l'altrettanto silenzioso samurai Goemon Ishikawa XIII e visto che ci siamo anche papà Zazà, al secolo Koichi Zenigata.

E qui a vivere nel nebbioso, freddo nord Italia, ci siamo abituati a praticamente tutto della nostra nuova casa patria: il cibo, il vino, la musica, la tv, la gente, l'educazione della gente...
Vabbeh..ad essere sinceri, ogni tanto ci sono dei rigurgiti che a me e gli altri ragazzi della banda rendono incomprensibili certi aspetti della vita del Belpaese.
Ma ci sarà occasione di qualche travaso di bile, stimolato dai rigurgiti.

Il resto: occhio svelto, parole pronunciate poche, parole scritte un po' di più, mano lesta e la mia amata Smith & Wesson M19 Combat Magnum sempre pronta a sparare.

13/12/2010 - Primo

“Ti stavo per rispondere... è che io sono innamoratissima”
“Allora, non c'è che dire: beata te, ma soprattutto beato lui”
Tutto è iniziato così, con un due di picche ragionevolmente indirizzato al mittente di un bigliettino gettato tra le cose di una borsa aperta.
In realtà, poi è proseguito con una naturalezza sconosciuta, mai provata e rara. Quasi adolescenziale per l'intensità e la capacità di convogliare il pensiero da ogni punto in cui si trovi a quell'istante, a quegli occhi verdi.
Si è fatta la spesa, si è pagato il conto e senza che nessuno facesse partire un invito diretto si è passati a bere un caffè insieme, per fare due chiacchiere perchè “sei simpatico”.
Non il bar del supermercato perchè è di tristezza infinita.
Allora andiamo a quel bar che conosce lei.
Ok. Andiamo.
La prima freccia al cuore parte sull'uscio del bar.
“Però, lo dico prima: smezziamo perchè io voglio bere una birra, non un caffè”
“E vabbene!” è l'unica risposta che un cuore trafitto possa pronunciare.
Salvo dopo due minuti di shock, riaversi.
“No! Ascolta, se ti fidi, andiamo in una birreria nuova che hanno aperto da poco”
“E' lontana?”
“Ma no, cinque minuti a piedi, uno in macchina”
“Allora andiamo a piedi?”
Il cuore trafitto non può dire di no, quindi ci si abbottona l'ultimo bottone e ci si chiude la giacca intorno al collo e ci si incammina, iniziando a chiacchierare. Continuando a godere di un momento eccezionalmente naturale e spontaneo, senza eguali precedenti.
L'aria fredda della notte piemontese pizzica le guance, si possono quasi vedere le piccole lentiggini delle sue gote, vibrare stimolate dalla frescura della notte in arrivo.
La birreria è fatta di volte in pietra a vista che curve ricoprono le due anime in un istante che sarebbe da perpetrare all'infinito.
Birra bianca media per lei. Birra nera in bottiglia da 0,75 per lui. Patatine fritte in due tagli speciali, due piadine.
Un'ipotesi di caffè che diventa una cena informale, travolta da parole, pensieri e una continua scoperta dell'altro.
Lui sembra quasi annegare in quel verde, striato di giallo, ascoltando la sua voce che dà la stessa sensazione della mano che accarezza il velluto, ma nel senso giusto: quando non si sente nessuna resistenza; scrutando le spalle tornite dal nuoto, il modo di posare il piede piatto in avanti, tipico di chi ha fatto danza. Quello sguardo fatto di occhi quasi spalancati con la marea verde che ti avvolge, mentre un suo sorriso strappa le ultime resistenze: lui appoggia il mento sulla mano destra e cede, arrendevolmente rapito dalle sue iridi e scombussolato da quanto viene tutto da sé.
Senza strategie.
Senza pianificazioni.
Come se fosse già stabilito da qualcosa di superiore e incontrollabilmente imperativo.
Tante di quelle parole da stordire una platea abituata anche a comizi politici ed arriva il momento del conto.
Quasi si litiga alla cassa, amabilmente appoggiati spalla contro spalla, perchè lei vuole smezzare e lui vuole pagare per due.
Come sempre accade, è l'essere femminile ad averla vinta. Diviso due e si apre la porta verso quell'aria che è diventata ancora più fresca, punge ancora di più per quei cinque minuti di passeggiata che sembrano usciti da un libro di Andrea De Carlo.
Lui ha la tensione vibrante di chi vorrebbe prenderle la mano, quasi sentisse quel gesto come già compiuto tante di quelle volte da essere naturale e spontaneo, come tutto quanto avvenuto in precedenza.
Lei vibra indefinita.
Lui ha una legge morale fin troppo rigida: fidanzata da qualche mese, lui sente un freno a mano tirato ai suoi sentimenti istintivi, all'impulso di far seguire un abbraccio a quel prenderle la mano. Darle un bacio sulla fronte spaziosa e subito dopo tirare indietro il capo per annegare in quelle pupille verde Irlanda. Chiedere “dove sei stata finora?”.
Si arriva all'automobile, in uno stato di sospensione talmente imbarazzante che entrambi mentono a se stessi supponendo che le mani siano fredde per la temperatura e non per ben altro come è in realtà.
Si arriva anche alla macchina di lei, sempre seguiti e guidati da parole, da conversazioni che fluiscono come mai accaduto prima nelle loro vite.
Lui parcheggia e si ferma vicino all'auto di lei.
Sguardi che dicono sì, parole che deviano le intenzioni degli sguardi.
Corpi e menti che si fermano davanti allo status quo.
La portiera si apre prima che succeda qualcosa.
“Ciao”
“A presto. Spero...”
Lei muove un passo dopo l'altro verso la sua Panda giallo paglierino, con la sua camminata atletica, quasi saltellante, perchè il triathlon e le arrampicate formano e allenano, regalando eleganza.
Lui resta semplicemente immobile, paralizzato da una serata memorabile.
Lei fa alcuni passi indietro.
Lui scende dall'auto. Un lampo di speranza gli attraversa occhi, cuore, cervello, anima.
“Mi sa che ho perso il cellulare nella tua macchina. Non lo trovo più”
Lui è sempre immobile. Paralizzato.
“Ah..no.. eccolo...era qui in borsa...Vabbeh...buona notte...ciao!”
Lui pietrificato replica un ciao poco convinto. Sale in auto con la bruciante voglia di un abbraccio. Con le proprie labbra che si immaginano che sapore abbia il contatto con le labbra di lei.
E vedere la mano di lei che sventola un saluto veloce e partecipe quando le due automobili si incrociano, non fa che acuire quella lacerazione di pensiero, quell'immancabile retrogusto da occasione persa.