lunedì 13 dicembre 2010

13/12/2010 - Primo

“Ti stavo per rispondere... è che io sono innamoratissima”
“Allora, non c'è che dire: beata te, ma soprattutto beato lui”
Tutto è iniziato così, con un due di picche ragionevolmente indirizzato al mittente di un bigliettino gettato tra le cose di una borsa aperta.
In realtà, poi è proseguito con una naturalezza sconosciuta, mai provata e rara. Quasi adolescenziale per l'intensità e la capacità di convogliare il pensiero da ogni punto in cui si trovi a quell'istante, a quegli occhi verdi.
Si è fatta la spesa, si è pagato il conto e senza che nessuno facesse partire un invito diretto si è passati a bere un caffè insieme, per fare due chiacchiere perchè “sei simpatico”.
Non il bar del supermercato perchè è di tristezza infinita.
Allora andiamo a quel bar che conosce lei.
Ok. Andiamo.
La prima freccia al cuore parte sull'uscio del bar.
“Però, lo dico prima: smezziamo perchè io voglio bere una birra, non un caffè”
“E vabbene!” è l'unica risposta che un cuore trafitto possa pronunciare.
Salvo dopo due minuti di shock, riaversi.
“No! Ascolta, se ti fidi, andiamo in una birreria nuova che hanno aperto da poco”
“E' lontana?”
“Ma no, cinque minuti a piedi, uno in macchina”
“Allora andiamo a piedi?”
Il cuore trafitto non può dire di no, quindi ci si abbottona l'ultimo bottone e ci si chiude la giacca intorno al collo e ci si incammina, iniziando a chiacchierare. Continuando a godere di un momento eccezionalmente naturale e spontaneo, senza eguali precedenti.
L'aria fredda della notte piemontese pizzica le guance, si possono quasi vedere le piccole lentiggini delle sue gote, vibrare stimolate dalla frescura della notte in arrivo.
La birreria è fatta di volte in pietra a vista che curve ricoprono le due anime in un istante che sarebbe da perpetrare all'infinito.
Birra bianca media per lei. Birra nera in bottiglia da 0,75 per lui. Patatine fritte in due tagli speciali, due piadine.
Un'ipotesi di caffè che diventa una cena informale, travolta da parole, pensieri e una continua scoperta dell'altro.
Lui sembra quasi annegare in quel verde, striato di giallo, ascoltando la sua voce che dà la stessa sensazione della mano che accarezza il velluto, ma nel senso giusto: quando non si sente nessuna resistenza; scrutando le spalle tornite dal nuoto, il modo di posare il piede piatto in avanti, tipico di chi ha fatto danza. Quello sguardo fatto di occhi quasi spalancati con la marea verde che ti avvolge, mentre un suo sorriso strappa le ultime resistenze: lui appoggia il mento sulla mano destra e cede, arrendevolmente rapito dalle sue iridi e scombussolato da quanto viene tutto da sé.
Senza strategie.
Senza pianificazioni.
Come se fosse già stabilito da qualcosa di superiore e incontrollabilmente imperativo.
Tante di quelle parole da stordire una platea abituata anche a comizi politici ed arriva il momento del conto.
Quasi si litiga alla cassa, amabilmente appoggiati spalla contro spalla, perchè lei vuole smezzare e lui vuole pagare per due.
Come sempre accade, è l'essere femminile ad averla vinta. Diviso due e si apre la porta verso quell'aria che è diventata ancora più fresca, punge ancora di più per quei cinque minuti di passeggiata che sembrano usciti da un libro di Andrea De Carlo.
Lui ha la tensione vibrante di chi vorrebbe prenderle la mano, quasi sentisse quel gesto come già compiuto tante di quelle volte da essere naturale e spontaneo, come tutto quanto avvenuto in precedenza.
Lei vibra indefinita.
Lui ha una legge morale fin troppo rigida: fidanzata da qualche mese, lui sente un freno a mano tirato ai suoi sentimenti istintivi, all'impulso di far seguire un abbraccio a quel prenderle la mano. Darle un bacio sulla fronte spaziosa e subito dopo tirare indietro il capo per annegare in quelle pupille verde Irlanda. Chiedere “dove sei stata finora?”.
Si arriva all'automobile, in uno stato di sospensione talmente imbarazzante che entrambi mentono a se stessi supponendo che le mani siano fredde per la temperatura e non per ben altro come è in realtà.
Si arriva anche alla macchina di lei, sempre seguiti e guidati da parole, da conversazioni che fluiscono come mai accaduto prima nelle loro vite.
Lui parcheggia e si ferma vicino all'auto di lei.
Sguardi che dicono sì, parole che deviano le intenzioni degli sguardi.
Corpi e menti che si fermano davanti allo status quo.
La portiera si apre prima che succeda qualcosa.
“Ciao”
“A presto. Spero...”
Lei muove un passo dopo l'altro verso la sua Panda giallo paglierino, con la sua camminata atletica, quasi saltellante, perchè il triathlon e le arrampicate formano e allenano, regalando eleganza.
Lui resta semplicemente immobile, paralizzato da una serata memorabile.
Lei fa alcuni passi indietro.
Lui scende dall'auto. Un lampo di speranza gli attraversa occhi, cuore, cervello, anima.
“Mi sa che ho perso il cellulare nella tua macchina. Non lo trovo più”
Lui è sempre immobile. Paralizzato.
“Ah..no.. eccolo...era qui in borsa...Vabbeh...buona notte...ciao!”
Lui pietrificato replica un ciao poco convinto. Sale in auto con la bruciante voglia di un abbraccio. Con le proprie labbra che si immaginano che sapore abbia il contatto con le labbra di lei.
E vedere la mano di lei che sventola un saluto veloce e partecipe quando le due automobili si incrociano, non fa che acuire quella lacerazione di pensiero, quell'immancabile retrogusto da occasione persa.

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