lunedì 16 maggio 2011

2011-05-16 Crepuscolo

Il momento della giornata che preferisco é il crepuscolo, non importa la stagione in cui lo si vive.
Non è già più giorno, ma non è nemmeno ancora notte. Sei lì, nella zona mista, di passaggio. Dalla luce al buio.
La sua luce rossastra o arancionata, le luminarie che si accendono, i contorni ancora visibili dei palazzi, delle colline, delle montagne come del mare. Prendi un belvedere e ammirane il panorama: la sua dimensione percepita sará totalmente differente a seconda del momento della giornata in cui lo si vive. Con la piena luce e la sua definizione assoluta, con l'oscurità notturna e la sua vaghezza indefinita. E poi il crepuscolo: inizia l'imbrunire, che non nasconde, ma cela velatamente i difetti ed esalta i pregi con le luci che iniziano ad illuminarne i punti salienti senza peró renderli falene dalla vita lunga una notte, prima che si confondano nuovamente nella vista totale della luce diurna.
I contorni continuano a vedersi, ad intravedersi, ma allo stesso tempo le luci sono accese a fungere da evidenziatore "naturale".

Mi piace il crepuscolo perchè viene dopo una giornata in cui tutto é lì, sotto la luminositá piena del sole; ma viene prima dell'oscurità notturna, quando è tutto poco visibile (se non del tutto invisibile) e si deve "completare", come quei percorsi tratteggiati della Settimana Enigmistica che unisci i punti da 1 a 36 e viene fuori la vignetta.

Di giorno è tutto così chiaro che sfiora quasi la banalità; mentre con quella luce particolare del crepuscolo, tutto acquista un'aura più interessante: diventa più misterioso e quasi si completa. Si ammorbidisce degli spigoli quotidiani.
Di giorno, con tutti i difetti bene illuminati, la visione é nei fatti globale e prosaica. Di notte è forse ancor più misteriosa, ma sfiora l'eccesso immaginifico di dover compensare la mancanza di visione con la fantasia.
Al crepuscolo, invece, il bello si vede e viene accentuato e portato all'attenzione dalle illuminazioni preposte. E pure il brutto é visibile, solo non avendo illuminazioni dedicate, rimane in secondo piano, ma é lí: affiancato al proprio contraltare. Con il crepuscolo non succederà mai come dopo una notte, cioé che si potrà dire che non ci si era accorti prima che fosse così.
Al crepuscolo é tutto visibile: come una bella donna accentua i propri punti forti, cosí l'imbrunire passa un velo di fard su quanto é meno bello in maniera naturale, senza occultare, ma solamente per contrasto con quanto di bello viene esaltato dall'illuminazione.

Si potrà dire che il crepuscolo é la definizione del detto latino in medio stat virtus della giornata. Perfettamente nella metá tra la luce rivelatrice e la notte occultatrice. Cavandone i pregi di uno e dell'altro e tralasciandone i difetti.

I rapporti umani dovrebbero essere sviluppati all'insegna dell'imbrunire: obbligando le persone diurne, e quindi senza filtri e tutte lì: visibili e comprensibili alla luce del sole, a vivere l'imbrunire per accentuare i propri pregi e quindi sminuire i propri difetti. Allo stesso modo, forzando i notturni, appesantiti o celati dai troppi filtri, a puntare verso se stessi un po' di luce rivelatrice che faccia un po' di chiarezza su quanto si é obbligati ad immaginare per mancanza di contorni definiti e visibili.
Di modo che individui crepuscolari (non nel senso letterario dei Quasimodo e compagnia) possano sviluppare relazioni e rapporti interpersonali senza equivoci o inganni da ambedue le parti.
Pane al pane. Vino al vino.
Il gioco della scoperta consisterà non tanto nel celare e scoprire, quindi, quanto nel variare il puntamento della luce sulla totalità della persona, senza che gli aspetti non direttamente illuminati vengano mescolati nelle tenebre notturne e scompaiano, perché sarà tutto visibile, solo ci si dovrà applicare per averne la conoscenza piena.
Tutto sará lí: si vedrà prima la luminosità di un bell'aspetto e poi, chi vorrà proseguire nella conoscenza di un crepuscolo, potrà andare avanti e vedere, conoscere e persino apprezzare le parti meno illuminate. Senza che queste siano mai una sorpresa.

In fondo, basta un po' di luna piena, una nuova spruzzata di vista di S. Luca illuminata (ma nella notte e senza poter scorgere il profilo della sua collina), un po' di Beethoven mischiato con le Quattro Stagioni di Vivaldi ed il cocktail é servito: fresco, notturno, delicato come certi fiati del Primo Movimento della Quinta e dirompente come certi archi della stessa Quinta che partono lontano e arrivano come un'esondazione per le vie di un piccolo borgo.
Travolgendo tutto.

Anche il filo logico del ragionamento.

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